È possibile parlare della domanda e dell’offerta di lavoro nel digital marketing, osservando gli annunci di lavoro e le risposte delle persone che rispondono a questi annunci?

Francesco Margherita a gennaio 2021 scrive sul suo blog alcune interessanti osservazioni. E dalla sua domanda finale, cerco di rispondere, con osservazioni personali.

Questo post racconta di alcuni estremi del mondo del lavoro che però spiegano, almeno in parte, quale sia la situazione del mondo del lavoro.

Ci sono aziende che collocano virtuosamente buone risorse al loro interno? Si. Certamente.

Ci sono aziende che valorizzano i propri dipendenti e che li fanno crescere umanamente e professionalmente su una scala di meritocrazia? Forse, si.

Ci saranno. Voglio essere fiduciosp.

Distanza tra domande e offerta

La riflessione nasce da due post che Francesco Margherita trova su facebook.

Il primo è di Gabriele Granato che scrive:

Abbiamo pubblicato un’offerta di lavoro (su varie piattaforme specializzate a pagamento) seria, dettagliata, chiara: in poche ore sono arrivati Cv da un addetto vendite Fastweb, un tappezziere, tre social media marketer e un saldatore (certificato). E tante persone purtroppo sotto qualificate rispetto alle esigenze. E in più due aziende “specializzate in recruiting” sulle quali andrebbe aperto un ragionamento a parte. Profili da prendere in considerazione per approfondimenti forse 1 su 10. Ma forse, eh!Tendenzialmente un Paese con un tasso di disoccupazione come il nostro non può permettersi una distanza così grande tra domanda e offerta di lavoro come accade qui da noi.La scuola non riesce a dialogare con le imprese, l’università non forma adeguatamente, le competenze sono scarse e il costo del lavoro è spropositato. La domanda non è perché siamo fanalino di coda in Europa, ma come facciamo a non collassare del tutto? Cosa ci tiene ancora in piedi?

Insomma, le aziende cercano personale qualificato e l’offerta di personale è inadeguata a tale domanda.

Al contrario, nonostante la disoccupazione non ci sono persone che si formano per ricoprire determinati ruoli ricercati. E ancora la scuola e il mondo accademico non riescono ad avere un dialogo con le aziende per formare giovani, ragazzi e studenti che entrerebbero facilmente nel mondo del lavoro.

Saper fare tutto

Il secondo post condiviso da Francesco Margherita è di Francesco Agostinis,

Ho passato per curiosità 10 minuti su Linkedin a leggere le proposte di lavoro di agenzie marketing famose per Advertiser/Advertising specialist/Media Buyer. Ne ho lette una decina, alcune decisamente creative. Sono felicissimo. Finché continueranno a non capire che una sola persona non può saper fare tutto bene (eh sì, fare Facebook Ads, Google ads, Amazon Ads, Pinterest ads, cicciopalla Ads tutte assieme non è possibile, almeno a livelli decenti) e che le attrazioni in ufficio in stile Google e il team simpatico non pagano la cena, in Loop avremo solo vantaggi, sia lato collaboratori che clienti.

Che bella l’Italia, il luogo dove tutti si lamentano che non ci sono giovani che han voglia di fare ma nessuno capisce perché questi non vanno a lavorare da loro.

Offerte di lavoro

Ma cosa cercano le aziende? Che tipo di dipendente cercano?

Il problema è che alle aziende, medio piccole, non importa se sei un ragazzo, uno studente, o un professionista specializzato. A molte aziende interessano figure talmente generiche che devono fare i factotum. Anche spazzare per terra, se necessario.

Perché è ovvio anche a loro che, anche a saper far tutto quello che viene chiesto, la specializzazione sulle singole competenze è sicuramente generica. Ma far fare più lavori ad una persona con uno stipendio per loro pare che sia un grosso risparmio.

Con il diritto acquisito, magari, di licenziarti quando vogliono perché ad un certo punto diranno che non sei abbastanza specializzato su qualcosa.

Si tratta di sfruttamento

Più passa il tempo più la differenza tra lavoro e sfruttamento si assottiglia. Così come ormai il datore di lavoro si presenta, sempre più spesso, come un donatore di lavoro a cui esser grati, a prescindere dall’offerta che viene data.

Perché se l’azienda vuole risparmiare sui ruoli, dunque sull’avere una persona invece di tre, o due persone invece di dieci dipendenti, bisogna chiedersi quanto viene pagata quella singola persona. L’azienda paga dignitosamente? Viene dato uno stipendio adeguato alle competenze?

Dimostrare le competenze

Non importa il proprio corso professionale, non importa se si è laureati o meno, l’azienda paga secondo il prezzo di mercato di un lavoratore e secondo il valore che il “padrone” ha in mente su quella persona.

Da un lato si vogliono i risultati massimali, dall’altro lato si paga al di sotto del minimo sindacale.

Tanto che il meglio che viene proposto da molte aziende è un contratto di tipo interinale.

Allora i problemi sono due.

Il primo è quello di avere stipendi adeguati alle competenze. Il fatturato non è un problema da social media manager o da grafico. L’imprenditore deve creare un prodotto di alta qualità che sia vendibile.

Il secondo è di natura culturale.

Saper dare valore

L’imprenditore e il dipendente devono/dovrebbero parlare lo stesso linguaggio. L’imprenditore per primo dovrebbe istruirsi e studiare e poi comprendere il materiale umano che sta cercando.

L’imprenditore dovrebbe prima saper dare un valore alle persone e poi pagarle di conseguenza secondo il giusto.

Mi è capitato, invece, di incontrare imprenditori che fanno il percorso contrario:

io ho tot soldi da buttare in tre mesi e assumo te a prescindere

Un imprenditore di questo genere non ha bisogno di un professionista o di uno che sappia fare qualcosa. Ha solo bisogno di un dipendente pungiball su cui sfogare il proprio ego ed esercitare il proprio potere, chiunque egli sia e qualunque cosa sappia fare.

Chi è preparato, chi conosce il lavoro, chi sa il fatto suo, non può accettare mezzo stipendio per ricoprire più ruoli e con alte competenze.

La fuffa

Senza contare poi che molti imprenditori si fanno infinocchiare dai fuffaroli che promettono sul web guadagni stratosferici.

Il paradosso è che credono ai fuffaroli senza nemmeno avere il coraggio di investire in questi personaggi che chiedono un botto di soldi solo per la formazione.

Dunque si richiedono gli obiettivi stratosferici dei fuffaroli, ma senza nemmeno un investimento adeguato sulle risorse umane.

Il valore della risorsa

Dunque il problema è la domanda o l’offerta?

Personalmente penso che si dovrebbe trovare il modo per cui le due realtà si parlino, che usino un linguaggio comune, su cui confrontarsi.

L’offerta certamente deve educare e spiegare, anche in fase di colloquio, come stanno davvero le cose. Ma gli imprenditori dovrebbe avere mente e orecchie aperte per cogliere la realtà dei fatti.

Le aziende dovrebbero cercare il valore della risorsa in quanto tale.

Perché nel mondo del lavoro le persone sono risorse che, certamente devono dare il massimo per far crescere un’azienda, ma nello stesso tempo non possono essere considerate bestie da soma su cui caricare un giogo capace di alzare il fatturato.