Qual è la disgrazia di chi vive in provincia?

Secondo il mio modesto parere è la mancanza di confronto.

Amo vivere in provincia

Premetto che amo vivere in provincia. Le dimensioni, gli spazi, i rapporti con gli altri sono tutti a misura d’uomo.

Le città, oggi, sono invivibili. Da un lato sono care economicamente. Per fare una vita decente ci vuole avere un reddito al di sopra del comune. Dall’altro lato sono colme di miseria.

Nelle città c’è tutto e questo è innegabile, ma sono sempre meno le persone che possono permettersi di viverla.

Senza contare poi che i rapporti umani sono sempre più complessi e per avere rapporti sani ci si rinchiude nel proprio quartiere che diventa, per forza di cose, il proprio paesello.

Il discorso sulle città è complesso e va approfondito.

Mancanza di confronto

Dicevo la mancanza di confronto.
In città, o sarebbe meglio dire nei centri dove la competizione è alta, e la città è uno di questi luoghi, le persone sono costrette a dare il massimo. C’è competizione e ci sono un gran numero di persone che arrivano dalla provincia per mettersi in gioco.

In città, ogni giorno, puoi incontrare una persona più brava di te.

Dunque più è alta la competizione, più le persone sono spinte a fare di meglio.

Questa spinta se da un lato è ciò che arreca molte ansie e conduce molti a fare una vita sempre più frenetica e sempre più lontana da se stessi, è alla base di molti progetti innovativi. Che nascono appunto nelle città.

Paesi di provincia

Nella provincia, nel piccolo paesino di provincia questa spinta è molto rara. E dove avviene, spesso avviene per un intervento dall’alto. Certo c’è il numero di persone che è esiguo rispetto ad una città. Il paese non attrae competenze e talenti. Il terreno dove far attecchire nuove idee è spesso arido culturalmente.

Anche se è proprio la provincia a creare i talenti, che li forma, che li plasma, che da quella spinta propulsiva per sbancare in città.

L’importanza della bellezza

Nel film i Cento Passi si parla dell’importanza della bellezza. IL regista fa dire a Peppino Impastato, che nei piccoli paesi, anche le cose brutte ( e aggiungo io, le cose sbagliate) trovano una loro logica per il solo fatto di esistere.

E così capita, in provincia, di vedere locandine e comunicazioni fatte male. Ma non perché chi le ha fatte non sa fare il suo mestiere. Assolutamente. Sono fatte male perché ci sono refusi, date sbagliate, imperfezioni varie. E la ragione è che quel professionista è spesso solo, abbandonato senza possibilità di confronto appunto, senza lo sguardo attento di chi può migliorarlo.

Piccoli errori sommati

Attenzione però, non si tratta di errori e sbagli eclatanti. No. Si tratta di piccole cose, che sarebbero facilmente evitabili, distrazioni. E per questo fastidiosi ma perdonabili.

Nel tempo ti abitui a questo modo di fare, che è del privato quanto del pubblico. Dalla locandina con qualche refuso si può passare ad una buca mai riparata, ad un restauro mal fatto. Un parco aperto e poi chiuso. Non è che manca il parco, il teatro, manca la chiave per aprire il portone. E insomma, piccole cose, piccoli errori che diventano la normalità e che sommati diventano mancanza di crescita e di miglioramento.

Lasciarsi andare

Dunque quella che in città è la tendenza del fare meglio, in provincia diventa il declino per lasciarsi andare.

Nessuno si scusa, nessuno corregge. Tutto scorre. Tutto va bene, anche quando tutto va male.