Si fa un gran parlare di transizione ecologica, ma cos’è? Di che si tratta? In cosa consiste?

Dal libro di Rob Hopkins, Ecologia di ogni giorno apprendiamo che

Il processo della transizione ecologica rimanda a dei cambiamenti nella quotidianità e negli stili di vita, lo sviluppo economico e la pianificazione, secondo una sperimentazione basata dall’apprendimento dei diversi attori coinvolti inizialmente.

Sviluppo sostenibile e transizione ecologica

Come si legge su etreserasmus.eu, un sito che unisce la rete europea di formazione degli educatori ambientali per attivare dinamiche di cittadinanza attiva verso la transizione ecologica.

Il concetto di sviluppo sostenibile – parola d’ordine dei tempi moderni – è spesso accompagnato da una varietà di termini. autoproduzione, economia circolare, crescita verde, attenuazione e adattamento per andare incontro alla sfida del cambiamento climatico…

Si tratta di strategie di transizione ecologica, basate su un’etica della responsabilità, con l’obiettivo di andare incontro a un futuro sostenibile, mantenendo gli equilibri planetari associati al benessere dell’umanità.

La parola transizione ecologica è entrata nel linguaggio della politica italiana con il primo governo Draghi con la costituzione di un Ministero o come qualcuno lo definisce un interMinistero, dato che le sue competenze sono trasversali.

Transizione ecologica, cos’è veramente?

La persona che ha dato lustro a transizione ecologica è stata certamente la fondatrice dei Fridays for Future, Greta Thunberg.

Da quello che dicono gli esperti, si tratta di qualcosa che va oltre l’Ambiente. La transizione ecologica riguarda anche l’Economia e lo Stile di vita dell’intera società.

Non solo, dunque, tutela della flora e della fauna, tutela dei parchi e delle riserve; ma anche avvio di politiche nazionali che riducono, o eliminano, la produzione di energia dal carbone, e dunque azzerare le emissioni.

Così come modificare gli stili di vita dei cittadini che si dovrebbero spostare in modi e mezzi alternativi. E dunque dovremmo riscaldare le nostre case con strumenti più performativi; avviare un’economia circolare che favorisca il riuso delle materie; e ancora rinnovare il modo di produrre dell’industria nazionale ed europea.

Tutta questa rivoluzione sociale dovrebbe accompagnarsi al mantenimento del benessere a cui siamo arrivati.

La diffusione di movimenti ambientalisti e la sensibilità delle persone è cresciuta. Anche grazie alle campagne locali sul riciclaggio o all’educazione degli insegnanti a scuola.

Le aziende, difronte a questa tendenza, sono state costrette certamente a modificare la propria comunicazione. Ma a questo cambio di parole è corrisposto un cambiamento vero della produzione? Spesso no. Si tratta invece solo di un ecologismo di facciata, per tenere a bada la coscienza dei clienti e dei consumatori.

Cambiamenti climatici in atto

Ambiente, Clima ed Economia sono ormai temi correlati e le scelte economiche di un Paese incidono sempre più pesantemente sull’ambiente.

Cosa dovrebbe fare un governo?

Un governo si dovrebbe occupare dunque della rasformazione del settore produttivo che diventi modello di crescita inclusiva.

Raggiungere gli obiettivi del Patto per il lavoro e per il clima e dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.


Creare un piano nazionale per l’energia che punti sulle fonti rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico.